lunedì 1 febbraio 2016

Coraggiosamente (sciatrice) con Kasey.

Sembra ieri ma era ottobre, che la mia amica Alex mi aveva dichiarato che l’unica ragione per cui non passa l’inverno piangendo a causa del freddo e della neve è il basket. E io, che non ci avevo mai pensato prima le avevo risposto “credo proprio che la mia ragione di sopravvivenza invernale sarà la squadra di sci”.
Mi e’ sempre piaciuto sciare: quando ero piccola mi spaventava da morire, ma con il tempo ho imparato a trasformare la paura in adrenalina. Ho imparato a trasformare la sensazione di impotenza che avevo e spesso ho ancora in cima alla pista in energia.
Non ho mai amato sciare cosi’ tanto da pensare di iscrivermi alla squadra agonistica del liceo qua in America. La verità è che ero così spaventata all’idea di neve costante da dicembre a marzo che avevo bisogno di una ragione di amarla quella dannata neve, così mi sono convinta di amare lo sci più di ogni cosa, mi sono convinta di non aver paura del giudizio altrui e mi sono iscritta.
La parte ironica nella storia e’ che se ha nevicato, ha nevicato per due giorni. Niente allenamenti di sci a dicembre a causa di mancanza di neve, allenamenti su quella che chiamano neve artificiale ma che in realtà e’ ghiaccio puro e tremendo per tutto gennaio.
Fatto sta che non ho nemmeno bisogno di amare la neve che non c’è, ma mi sono davvero innamorata dello sci.
L’America e’ basata sulla competizione, per cui si gareggia e si gareggia per vincere. Quaggiù vivo in un film, ma fino a un certo punto: purtroppo non sono la fanciulla che inizia uno sport e si rivela campionessa olimpionica dopo cinque minuti che e’ in pista.
Io cado e non vinco proprio per niente: scio abbastanza bene ma ho un rapporto conflittuale con slalom speciale. Il martedì abbiamo allenamento di slalom gigante e il mercoledì slalom speciale. Come direbbero qua, slalom gigante “is as fun as hell”: e’ una combinazione di alta velocità e tecnica ed e’ moooolto più facile di slalom speciale. Penso che speciale sia divertente ma mi spaventa da morire e per di più è parecchio difficile ma o tutto o niente. Il venerdì abbiamo le gare e mi stanno insegnando a crescere: sto imparando che si sopravvive anche con tutti gli occhi della squadra puntati addosso, e che anche se sembra, il countdown prima della partenza non causa infarti o attacchi di panico (più o meno). Sto imparando che vincere fa felici, ma anche fare del proprio meglio e che un po’ di competitività mi rende solo più tosta.
Tutto questo non annulla il mio odio per le gare, non solo di sci. E’ proprio grazie all’odio per le gare e soprattutto per le gare di speciale, che ho conosciuto Kasey. Ha un anno meno di me e potrei dire che mi ha adottata, inoltre pure lei è nuova nella squadra quindi abbiamo in comune anche il fatto di essere felici anche solo se non veniamo squalificate alle gare. E’ stata un po’ rude all’inizio, ma quando si è aperta raccontandomi le sue storie di vita in seggiovia ho iniziato ad amarla. E’ grazie a lei che ho realizzato quanto mi mancherà questo posto, questa vita, quest’avventura. Eravamo in macchina a parlare di vita e di morte da circa un paio d’ore, aspettando che fosse ora di uscire con gli altri pargoli della squadra, quando si è improvvisamente rabbuiata:”I’m not gonna be on the ski team next year”. Le ho chiesto come mai, e mi ha risposto che lascerà perché tanto io non ci sarò, e senza di me la squadra non le interessa “and I’ll miss you so much, why don’t you stay”.
Se potessi Kasey. E’ stata dura lasciare la mia vita italiana, molto più di quanto pensassi, ma ora mi chiedo quanto farà male lasciare la mia vita americana, che non potrò rivivere mai più? Quanto sarà dura salutare amici e non poter dire loro che li rivedrò presto?
Non credo di volerlo sapere.
Ho passato la metà del programma, ora mancano meno giorni al mio ritorno di quelli che ho speso qua, fa un po’ troppa paura come cosa. Dicono che negli Stati Uniti si pianga due volte: quando si arriva e quando si torna; credo sia verissimo anche se grazie a Dio il ritorno non l’ho ancora vissuto.
Ho capito che la chiave di questa esperienza è avere coraggio; in aereo diretta a New York ho visto la nuova edizione di Cenerentola solo perché piace alla mia mamma italiana (si avevo bisogno di partire per un anno per imparare ad apprezzare il suo essere bizzarra e non solo) e mi ricordo che la frase centrale, perfetta per quel momento e perfetta per la vita è ‘abbi coraggio e sii gentile’.
Il coraggio lo ho, sulla gentilezza giuro che ci sto lavorando.
(Buon Febbraio, qua ogni singolo mese che passa a un valore inestimabile)

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